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1.
This article examines the role of the educated middle classes in the Italian socialist and syndicalist movements from 1870 to 1915. After discussing the problems of defining the educated middle classes and the intellectuals, this article looks at the role of the creative free-floating intellectuals within the socialist movement of the 1890s. The importance of positivist and 'evangelical' socialism is highlighted and illustrated through the influence of Cesare Lombroso and Edmondo De Amicis. The article then focuses on the role of Filippo Turati and the Italian Socialist Party's Socialist Parliamentary Group, which was largely composed of individuals from the educated middle classes. In this part of the article, the author evaluates the influence of the educated middle classes in the Italian Socialist Party before 1915. This article concludes with a discussion on the nature of Italian intelligentsia socialism and its influence on Gramsci. Questo articolo esamina il ruolo delle borghesie intellettuali nel movimento socialista e sindacalista in Italia tra il 1870 ed il 1915. Dopo aver preso in considerazione le problematiche inerenti alla definizione sia delle borghesie intellettuali che degli intellettuali, l'articolo dedica spazio al ruolo creativo di intellettuali indipendenti all'interno del movimento socialista negli anni intorno al 1890. Si dÀ particolare rilievo all'importanza del socialismo positivista ed 'evangelico' attraverso l'analisi del pensiero di Cesare Lombroso e di Edmondo De Amicis. Si passa, infine, a considerare il ruolo di Filippo Turati e del gruppo parlamentare del Partito socialista, il quale era principalmente composto da personalitÀ di estrazione borghese intellettuale; l'autore valuta l'importanza e l'influenza delle borghesie intellettuali nel Partito socialista, nel periodo che precede il 1915. L'articolo si conclude con un'analisi della natura dell'intellighenzia socialista italiana e della sua influenza su Gramsci.  相似文献   

2.
The view of a largely monolithic, 'totalitarian' regime and society in Fascist Italy (which still carries a lot of conviction with an influential group of historians) has been challenged from a number of different viewpoints. The common denominator of this sceptical approach is that, in spite of whatever ideological intentions the Fascist leadership or movement had vis-à-vis the totalitarian transformation of Italian society, the regime failed in establishing deep,enduring structures of social control and active consensus. This article focuses on the Italian regime's (abortive) attempt to substitute the traditional web of allegiances which operated in Italian society with a new, unitary sense of loyalty to Fascism. The main problem identified here is what we may call mussolinismo – the growing tendency of the system to rely on Mussolini's personal decisions and initiatives, often in contradiction to the initial spirit of Fascism or to the views of prominent Fascist figures (Bottai, Balbo, Grandi, etc.). But the article also explores the reasons behind the apparent inability of the dissidents within the Fascist hierarchy to contemplate active opposition to Mussolini – something that happened only on the eleventh hour, in July 1943. Through examining the (often critical) views of important Fascist figures about the regime's political direction (nature of the regime, Axis alliance, etc.), a more complex sense of loyalty to the Duce personally emerges – a form of loyalty that remained non-rational and essentially tautological to the notion of loyalty to Fascism itself. This explains why, in the dramatic July 1943 Grand Council meeting, the vote against Mussolini could for the first time be contemplated in the face of total Fascist collapse as an act of repudiating Fascism as a whole. L'idea di che esistesse una coesione monolitico 'totalitaria' tra regime e società nell'Italia fascista (la quale è ancora di gran lunga diffusa in un gruppo influente di storici) è stata critica da diversi punti di vista. Il comune denominatore di un tale scettico è che, rispetto a qualsiasi motivazione ideologica che la classe dirigente fascista o il movimento stesso ebbe nel tentativo di trasformare la società italiana secondo un indirizzo totalitario, il regime fallì nel costruire strutture radicate e durevoli per ottenere il controllo sulla società ed ottenerne il dovuto consenso. Questo articolo è finalizzato all'analisi del tentativo fallimentare del regime fascista di sostituire la rete tradizionale di legami culturali e sociali esistente nel Paese con un sentimento nuovo ed unitario di lealtà verso il Fascismo. L'aspetto principale che viene posto in evidenza è quello che potremmo definire come mussolinismo , ossia, la tendenza crescente da parte del regime di dipendere sulle decisioni ed iniziative personali di Mussolini, spesso in contrasto con lo spirito ideologico iniziale del Fascismo, o perfino con le concezioni politiche di altri esponenti del regime (Bottai, Balbo, Grandi). L'articolo, inoltre, esplora le ragioni, al di là di una apparente incapacità, da parte dei dissidenti all'interno della gerarchia fascista ad intraprendere una opposizione attiva ai danni di Mussolini - un'opposizione che divenne realtà solo all'ultima ora, nel luglio del 1943. Attraverso un esame (spesso critico) delle visioni e prospettive che esponenti fascisti di primo piano ebbero sulla direzione politica del regime (natura del regime, partecipazione nell'Asse, etc.), emerge un sentimento di lealtà verso il Duce di gran lunga più complesso di quello che ci si potrebbe aspettare, e della natura prevalentemente personale - in breve, una forma di lealtà che rimase non razionale ed essenzialmente tautologica alla nozione di lealtà al Fascismo stesso. Tutto questo spiega perché, durante la drammatica riunione del Gran Consiglio del Fascismo del luglio 1943, il voto contro Mussolini poteva essere concepito, nel contesto del collasso generale del regime, come un atto di ripudio totale verso il Fascismo.  相似文献   

3.
Although Gramsci's debt to Croce is well known, most commentators simply accept his criticisms of Croce and his claim to have overcome certain lacunae in the Neapolitan's thought. This article argues that many of these criticisms misfire, and mounts a Crocean critique of Gramsci. Through a comparison of their respective views of historicism, hegemony and intellectuals, it is argued that the radical democratic and libertarian theory many post-Marxists claim to find in the Sardinian is more appropriately associated with Croce. Sebbene il debito di Gramsci verso Croce sia risaputo, molti commentatori tendono semplicemente ad accettare le critiche di Gramsci verso Croce, in particolare il primato da parte di Gramsci stesso nell'aver colmato certe lacune nel pensiero del filosofo napoletano. Questo articolo pone in rilievo che molti di queste critiche risultano essere prive di significato, ed inoltre, tende a far emergere una critica crociana di Gramsci. Dal tentativo di porre in relazione le idee di entrambi su concetti quali lo storicismo, l'egemonia, ed infine l'identitÀ degli intellettuali, si evince che la teoria libertaria e democratico-radicale che molti post-marxisti tendono ad attribuire all'intellettuale sardo, tende ad essere in buona parte il prodotto del pensiero di Croce.  相似文献   

4.
The article posits the existence of a nexus between some language dimensions on the one hand, and the type of party system and degree of electoral volatility on the other. The first part dissects the old language of Italian politics, these days contemptuously referred to as politichese , and argues that its cryptic character can be properly understood only if seen against both the functional requirements and systemic constraints of the Italian post-war political regime in general, and the functioning of its party system in particular. The second part examines the new language that emerged in the early 1990s, the so-called gentese , and argues that its populist characteristics are linked to the disintegration of old parties which meant that a sizeable portion of the electorate was up for grabs. Other important factors were the emergence of political actors who wished to differentiate themselves from those of the past and their perception that the Italian party system was changing. Il saggio esplora alcuni dei nessi esistenti tra varie dimensioni del linguaggio politico (lessico, complessitÀ sintattica, tono) da un lato, e dimensioni politiche (tipo di sistema di partiti e grado di mobilitÀ elettorale) dall'altro. La prima parte esamina il vecchio linguaggio della politica italiana, oggi sprezzantemente definito politichese , e sostiene che il suo carattere ermetico e complesso è da collegarsi ad alcune caratteristiche del sistema politico della Prima Repubblica e al suo sistema partitico in particolare. La seconda parte esamina il nuovo linguaggio politico italiano (il cosiddetto gentese ) e sostiene che le sue caratteristiche populiste vanno collegate all'aumento della mobilitÀ elettorale registrata all'inizio degli anni 90 (dovuta anche alla disintegrazione dei partiti tradizionali) e alla percezione, largamente errata, dei nuovi attori politici che la riforma della legge elettorale avrebbe condotto necessariamente a un sistema partitico bipolare.  相似文献   

5.
While not denying Giolitti's role in opening the political process to previously excluded groups, this article describes a fundamentally conservative statesman who was deeply pessimistic about the fragility of the Italian state. Giolitti, who ran every election but one with the aim of weakening the Socialist movement, was intensely uncomfortable about governing in alliance with mass political movements. He governed more successfully from the Center-Right in alliance with conservative liberals like Luigi Luzzatti, Tommaso Tittoni, and Pietro Bertolini. He was skeptical about granting the right to vote to all males and opposed women's suffrage. He sought to limit the growth of socialism in the countryside and in the south and frankly applied different measures to various parts of the country. Finally,while never abandoning his faith in parliamentary government, Giolitti became increasingly alienated from the Chamber of Deputies produced by the suffrage reform of 1912 and the elections of 1913, 1919 and 1921. In the post-World War I period this led to a mismatch between Giolitti's progressive program and his conception of politics. Mentre non si possa negare il ruolo di Giolitti nell'allargare il processo di partecipazione politica a gruppi politici e strati sociali esclusi in precedenza, questo articolo descrive un leader politico dallo spirito fondamentalmente conservatore, il quale nutriva un profondo pessimismo circa la fragilità dello stato italiano. Giolitti, che partecipò in ogni elezione, fatta eccezione per una di esse, con l'obiettivo di indebolire il movimento socialista, trovava estremamente difficile governare attraverso alleanze con movimenti politici di massa. Questi seppe governare con maggior successo grazie a coalizioni di centro destra con liberali conservatori quali Luigi Luzzatti, Tommaso Tittoni, e Pietro Bertolini. Giolitti era scettico riguardo l'estensione del diritto di voto a tutti i cittadini di sesso maschile e si oppose all'estensione di tale diritto alle donne. Cercò di limitare la diffusione del socialismo nelle campagne così come nel Mezzogiorno e, per tal proposito, utilizzò apertamente stratagemmi di diversa natura nelle varie parti del Paese. In fine, mentre non abbandonò mai la sua fiducia verso l'istituzione parlamentare, Giolitti perse gradualmente la sua egemonia politica sulla Camera dei Deputati a causa della riforma elettorale del 1912 e delle successive elezioni del 1913, 1919 e 1921. Questo fenomeno, all'indomani del conflitto bellico, condusse ad una inaspettata contrapposizione tra il programma politico progressista di Giolitti e la sua concezione della politica.  相似文献   

6.
In 1992, Pasquale Galasso, a Camorra superboss, revealed many intricate secrets about the Neapolitan Camorra. This led to revelations from other pentiti (criminals turned state witnesses), allowing an insight for the first time into the Neapolitan Camorra from the insider's point of view. Understanding why individuals join a criminal organization, the Camorra in particular, is one of the questions addressed in this article. Using primary sources and an 'interaction model' based on the interplay of agency and structure, it studies the impact of Neapolitan criminal culture on an individual's life choices in the 1950s, and compares these with the 1980s and 1990s. It concludes that while in the 1950s criminal values were emerging as an ethos and had a somewhat limited impact on individuals, by the 1980s this ethos had become a clear 'subculture', an 'ideology' which had a pervasive influence on the life choices of many young Neapolitans. Nel 1992, Pasquale Galasso, super boss della Camorra, rivelÒ parecchi segreti sulle cosche napoletanc. La sua disponibilitÀ a collaborare spinse altri pentiti a seguire il suo csempio. CiÒ consentì per la prima volta di conoscere in maniera più approfondita la Camorra tramite le rivelazioni di alcuni dei suoi membri. Pertanto, i motivi per cui si sceglie di entrare nella Camorra è una fra le questioni analizzate nel presente articolo. Attraverso l'uso di fonti primarie e di un modello interattivo caratterizzato da una combinazione tra capacitÀ decisionale e struttura organizzativa, l'articolo sviluppa una analisi comparativa sull'impatto di una cultura criminale napoletana nei confronti delle scelte di singoli individui negli anni cinquanta, ottanta e novanta. Le conclusioni di questo studio sottolineano che, sebbene negli anni cinquanta una cultura criminale stava acquisendo un valore etico, essa aveva una influenza minima sulle scelte comportamentali dei singoli soggetti; mentre dagli anni ottanta era ormai divenuta una subcultura, una ideologia che aveva prodotto un impatto notevole sulle scelte di vita di molti giovani napoletani.  相似文献   

7.
The article examines a constellation of intellectuals working in 1960s and 1970s Italy who are neither aligned with the extreme political projects of those years nor symptomatic of the perceived collapse in relations between high culture and politics in this period. Instead, Vittorini, Sciascia and Carlo Ginzburg are taken as illustrations of a fertile 'neo-rationalist' tendency in culture-politics relations, at once a reprise of strands from the Enlightenment, an attempt to move beyond Marxist cultural politics and a response to the spread of new intellectual disciplines. Vittorini is shown as laying the groundwork for this tendency, and Sciascia and Ginzburg as putting it into practice through hybrid discourses between narrative, politics, law and history. Finally connections are suggested between this tendency and a longer line of liberal intellectual practice, going at least as far back as the Partito d'azione group of the 1930s and 1940s. L'articolo prende in considerazione un gruppo di intellettuali italiani tra gli anni sessanta e settanta i quali non sono nè allineati con i progetti politici più estremisti di quegli anni, nè sintomatici di una sensazione di collasso imminente nei rapporti tra la cultura di alto profilo ed il mondo della politica, in questo periodo. Al contrario, Vittorini, Sciascia e Carlo Ginzburg sono qui considerati come promotori di una fertile tendenza 'neo razionalista' nei rapporti tra cultura e politica, caratterizzata da un unico tentativo di riappropriarsi di alcuni aspetti dell'illuminismo, di proiettarsi al di lÀ di una cultura politica marxista e di rispondere alla diffusione di nuove discipline intellettuali. Vittorini viene qui considerato come il fondatore di questa tendenza, mentre Sciascia e Ginzburg sono indicati come i prosecutori di questo modello culturale ibrido, prodotto dal convergere di varie discipline: narrative letterarie, politiche, legali e storiche. Infine, vengono indicate connessioni tra questa tendenza 'neo razionalista' ed una più ampia e tradizionale cultura intellettuale e liberale, che ha le sue origini nel gruppo del Partito d'azione negli anni trenta e quaranta.  相似文献   

8.
The article explores the efforts of Marinetti's futurists, Sarfatti's Novecento movement, and the Tuscan circle that propounded strapaese to shape a cultural basis for Italian Fascism. The first two movements sought to become an official art for Fascism, while the third sought to produce a culture that would remain true to Fascism's origins in 1919, but all were in different ways 'modernist' movements and they are therefore contextualized both in terms of the challenge presented by Fascism and those faced by their modernist counterparts elsewhere in Europe. It is argued that the three movements enjoyed some success in the 1920s but were effectively shut down by the rise of the intransigent Right in the 1930s. Yet it is also argued that they needed the regime because they were too weak by themselves to assert the principle of artistic autonomy in the face of an internationally ascendant commodity culture. L'articolo esplora i tentativi dei futuristi facenti capo a Marinetti, del movimento Novecento di Sarfatti, così come del circolo toscano detto di Strapaese, nel costruire e definire le basi culturali del fascismo italiano. I primi due movimenti cercarono di costituire un'arte ufficiale del fascismo, mentre la terza si protese a far nascere una cultura che rimanesse legata alle origini del movimento fascista del 1919; ma tutti erano, in maniera diversa, movimenti 'modernisti' e sono qui tra l'altro posti sia nel contesto del cambiamento, nel clima politico e culturale, rappresentato dal fascismo che in quello degli altri movimenti modernisti europei. Viene messo in evidenza che i tre movimenti ottennero un discreto successo negli anni venti, ma furono censurati da una destra intransigente che emergeva negli anni trenta. Tuttavia, è possibile affermare che tutti e tre i movimenti avevano bisogno del Regime perché troppo deboli ed incapaci di consolidare un principio di autonomia artistica nei confronti di una emergente cultura consumista nel contesto internazionale.  相似文献   

9.
As expected and long predicted by all the surveys, Silvio Berlusconi's Casa delle LibertÀ won the Italian national elections of 13 May 2001. The four coalition partners had significantly different results. Forza Italia became the largest Italian party while both the National Alliance and the White Flower lost votes but kept almost the same number of seats as in 1996, and were anyway happy to return to the government. The Northern League shared this kind of success, but lost heavily in terms of votes – falling below the 4 per cent threshold – and seats. In spite of its five years of good government, the Olive Tree/Centre-Left coalition was defeated. This article argues that the defeat was due to three major factors. First, the Olive Tree had broken its promise of one government, one Prime Minister, one programme of reforms. Second, it forfeited the advantage of incumbency by choosing Francesco Rutelli as its prime ministerial candidate, using an opaque procedure. Third, because of the differences of opinion among the various partners, the Olive Tree/Centre-Left could not capitalize either on its systemic reforms, that is joining the Euro and the reconstruction of a viable economic system, or on its piecemeal reforms. The list led by Rutelli, the Daisy, did relatively well. The real losers were the Left Democrats who, because of their organizational decline and political confusion, plummeted to their lowest percentage ever. Now Berlusconi has the chance to prove that he can not only win the elections, but also, in spite of his immense conflict of interests, govern the country. Come atteso e da lungo tempo previsto da tutti i sondaggi, la Casa delle LibertÀ di Silvio Berlusconi ha vinto le elezioni italiane del 13 maggio 2001. I suoi quattro alleati hanno ottenuto risultati diversi. Forza Italia è diventata il più forte partito italiano, mentre sia Alleanza Nazionale che il Biancofiore hanno perduto voti, pur mantenendo all'incirca lo stesso numero di seggi rispetto al 1996, ma sono comunque felici di ritornare al governo. La Lega Nord è egualmente soddisfatta per questo, nonostante abbia perso pesantemente in termini di seggi e di voti, non raggiungendo la soglia del 4 per cento. Questo articolo indica come, nonostante i suoi cinque anni di buon governo, la coalizione Ulivo/centro-sinistra sia stata sconfitta per tre fondamentali fattori. Primo, l'Ulivo non ha saputo mantenere le promesse fatte in campagna elettorale: un governo unico e un Primo ministro per tutto il corso della legislatura, e un programma di riforme. Secondo, ha sciupato il vantaggio derivante dall'essere il governo in carica scegliendo in maniera opaca il suo candidato alla presidenza del Consiglio Francesco Rutelli. Terzo, a causa delle differenze di opinione fra i diversi alleati, l'Ulivo/centro-sinistra non ha saputo sfruttare nè le sue riforme sistemiche, come la partecipazione italiana nell'Euro e il risanamento economico, né le riforme specifiche. La Margherita, lista guidata da Rutelli, ha avuto un buon successo, mentre i Democratici di Sinistra sono i veri perdenti poichè, in preda a confusione politica e organizzativa, sono piombati al loro pi basso livello percentuale di sempre. Adesso, Berlusconi ha la possibilitÀ di provare che non è soltanto capace di vincere le elezioni, ma anche, nonostante l'immenso conflitto di interessi determinato dalla sua posizione imprenditoriale, di governare il paese.  相似文献   

10.
—In questo articolo si mettono nel loro quadro storico, si traducono e si annotano l'introduzione di Matteo Ricci alla sua traduzione di Euclide (1607), la prefazione del dott. Paolo Siücoamcchi (Hsü Kuang-ch'i) 徐光啟(1607) alla stessa opera, oltre alcune riflessioni e una nota bibliografica di questo ultimo, che si riferiscono al medesimo soggetto.  相似文献   

11.
Through an ethnographic analysis of the social life of three non-anthropological 'museums' in a town in south-eastern Sicily, the contours of public space and public culture are examined in a political environment marked by deeply rooted political conflicts. Local and provincial 'politics of culture', a largely overlooked dimension in traditional anthropological approaches to politics in Sicily and Italy, are analysed. The article also investigates, from a Sicilian and ethnographic point of view, a proposition that underlies many recent North American studies on museums and the politics of culture. Employing a postmodern perspective, these studies have shown the political and conflictual character of museums. They are represented as institutions in which it is possible, if not indeed necessary,for the political and social tensions that roil public space to be represented in a controlled, dialogical form. Even when placed under the gaze of postmodern analysis, therefore, the museum is still viewed as retaining its character as a 'democratic' and public forum. This article looks at what happens in the case of 'museums' where public space assumes unexpected forms, less 'solid' and, instead, radically conflictual. In questo scritto, attraverso l'analisi etnografica della vita sociale di tre musei non antropologici di una piccola città della Sicilia sudorientale, l'autore esamina la conformazione della cultura e della spazio pubblici in un contesto connotato da forte e stratificata conflittualità politica. Intende così analizzare le 'politiche della cultura' messe in atto a livello locale e provinciale, una dimensione spesso poco considerata dagli studi antropologici tradizionali sulla Sicilia e l'Italia. Cerca, in conclusione, di mettere in evidenza e criticare, da un punto di vista etnografico e siciliano, un assunto di molte recenti analisi nord americane sui musei e sulle politiche culturali. Questi studi, assumendo spesso uno sguardo postmoderno, hanno esplicitato il carattere politico e conflittuale del museo. Esso, infatti, è presentato come un'istituzione nella quale è possibile, se non proprio necessario, rappresentare in forme dialogiche e controllate le tensioni politiche e sociali che agitano lo spazio pubblico. Anche in una prospettiva postmoderna, l'istituzione museo conserva, però, il proprio carattere democratico di 'forum' pubblico. Questo scritto si chiede allora cosa accade quando lo spazio pubblico assume conformazioni inattese, meno strutturate rispetto a quelle nordamericane e radicalmente conflittuali.  相似文献   

12.
My purpose here is to place the thought of Carlo Cattaneo in relation to French Restoration liberalism, and I therefore consider the doctrinaire school (among others, Guizot and Cousin) and the Coppet Circle (notably, Constant, StaËl and Sismondi). A concern to render reason sovereign was perhaps shared by all in post-revolutionary Europe who were cultivating human or social science, yet there was in Guizot's concept of 'the sovereignty of reason' a spiritualist, authoritarian and anti-individualist implication. By contrast, Cattaneo wished to honour 'the truth of local facts', that is the specific attributes of all the parts of which a state consisted, and in this regard his thought is descended not from the doctrinaires but from the individualist liberalism of Constant. I also remark upon Cattaneo's debt, openly declared, to the earlier historical writings of Thierry,and therefore to the political precepts of the late id é ologue tradition. Il mio scopo è quello di porre il pensiero di Carlo Cattaneo in relazione al liberalismo francese durante il periodo della Restaurazione, e confrontarlo in particolare con l'Ecole Doctrinaire (tra gli altri, Guizot e Cousin) ed il Circolo Coppet (principalmente, Constant, StaËl e Sismondi). L'idea di rendere la ragione sovrana era forse un sentimento condiviso da molti intellettuali nell'Europa post-rivoluzionaria, specialmente in coloro che dedicavano attenzione ed interesse alle scienze umane e sociali; tuttavia, nel concetto di Guizot sulla 'sovranitÀ della ragione' era insita una componente spiritualista, autoritaria ed antindividualista. Cattaneo, diversamente, tendeva ad onorare 'la veritÀ delle realtÀ locali', ossia di tutte le caratteristiche insite negli innumerevoli elementi di cui lo stato è composto; ed in questo aspetto, il suo pensiero traeva ispirazione dal liberalismo individualista di Constant piuttosto che dai doctrinaires. Credo anche che il liberalismo di Cattaneo sia dichiaratamente debitore verso gli scritti di Thierry ed inoltre nei confronti della filosofia politica appartenente alla tradizione degli idéologues.  相似文献   

13.
Editorial     
This article gives a historical and geographical overview of the use of induced abortion from the time of its legalization in 1978 under Law 194. First, we focus from a quantitative perspective on the dramatic changes that have occurred in Italy over the past twenty years, including a 40 per cent drop in the number of abortions, and we offer some explanations for these changes. Second, we illustrate the life patterns that are most typical of abortion seekers in Italy and how they have changed over time: from the conjugal model, where the motive is to limit the size of the family, to the extra-marital model, spontaneous and unpredictable. Another emerging issue emphasized in our work is that of abortion seeking by foreign women; over the past few years this phenomenon has become more relevant and merits attention. Questo lavoro fornisce una panoramica spazio-temporale del ricorso all'aborto volontario a partire dalla sua legalizzazione, avvenuta con la legge 194 del 1978. In primo luogo si sofferma sulle forti modificazioni verificatisi in Italia nel corso del ventennio da un punto di vista quantitativo – il ricorso all'aborto si è infatti ridotto di circa il 40 per cento – e propone delle motivazioni a questo andamento. In secondo luogo pone l'accento sui modelli di abortività prevalenti in Italia e sui cambiamenti avvenuti nel corso del tempo: dal modello tipicamente coniugale, finalizzato a mantenere la dimensione familiare desiderata, a quello extra-coniugale, caratterizzato per la sua estemporaneità ed imprevedibilità. Un altro aspetto emergente che viene sottolineato nel lavoro è quello del ricorso all'aborto da parte di donne straniere; tale fenomeno sta assumendo in questi ultimi anni una grande rilevanza e merita di essere approfondito, al fine di delineare quali tipologie di donne necessitano di politiche di informazione e sostegno.  相似文献   

14.
This is the second part of a general historiographical review of recent studies on the formation of a modern Italian nation and national identities. The review is organized chronologically, and this second part covers literature on the development of the Italian state and society from Fascism to the birth of the Republic. Si tratta della seconda parte di una articolo dedicato al tema del proceso di 'nation and state building' e modernizzazione in Italia, con particolare attenzione per i temi della costruzione della macchina statale e dell'identità nazionale. La prima parte si era soffermata sul periodo risorgimentale e sull'Italia liberale fino alla prima guerra mondiale e all'avvento del regime fascista. L'articolo tenta di ricostruire in maniera critica i nuovi contributi interpretativi di un dibattito come quello sul processo di costruzione dello stato nazionale unitario, che di recente sembra essersi riacceso, collocandoli nel solco di una tradizione storiografica sul tema, oramai consolidata. Accanto a questa, infatti, sembra farsi strada una nuova stagione di studi, molto meno ancorata al peso che per lungo tempo hanno esercitato i differenti condizionamenti ideologici. In questa seconda parte vengono analizzate le interpretazioni storiografiche, basate su nuove ricerche recentemente condotte, sul ventennio fascista e sulla nascità e lo sviluppo dell'Italia Repubblicana.  相似文献   

15.
A travers l'exemple d'un recueil de miracles attribués à saint Jacques, dont il confronte l'original latin et la traduction castillane, l'auteur s'interroge sur la place de la littérature didactique dans l'enseignement religieux à la fin du Moyen Age. Après avoir étudié comment les transformations apportées par le traducteur castillan à la version latine faisaient évoluer le texte de la sphère de la littérature miraculeuse vers celle de la littérature didactique, il tente de montrer que si cet ouvrage semble offrir aux fidèles un accès direct au savoir doctrinal, il ne libère pourtant pas ses lecteurs de la tutelle ecclésiastique. Cette démonstration prétend remettre en cause l'idée selon laquelle la diffusion des ouvrages didactiques au XVe siècle aurait permis une appropriation individuelle du savoir et donc une remise en cause du contrôle par l'Eglise de l'enseignement religieux.  相似文献   

16.
Notre article a pour objectif, après un bref rappel historique des épisodes de la Révolution liégeoise de 1789, de souligner l'apport de l'historien belge Henri Pirenne à l'historiographie des révolutions, de mieux cerner les fondements de sa pensée sur le sujet, et de comprendre la nature des oppositions qu'il a rencontrées et de l'héritage qu'il a laissé.  相似文献   

17.
Note de rédacteurs: À l'occasion du vingt-cinquième Congrès International de Géographie à Paris en 1984, plus d'un demi-siecle depuis que l'ugi se soit rassemblée dans cette ville - le siège de Vidal de la Blache pendant quarante ans de sa vie professionelle - il a paru tout convenable aux rédacteurs du Géographe canadien de faire hommage, quoique modeste, à cet homme illustre, un des plus célèbres géographes de l'histoire de notrc discipline. Plutôt qu'une réflexion générate sur sa pensée ou même une étude critique sur quelques-unes de ses ouvrages - il y en a bien assez déjà - il nous a paru plus désirable de faire une contribution concrète aux études vidaliennes et aux outils de recherche sur l'histoire de la géographie franchise. Nous espérons que les notes et la bibliographie qui suivent aideront à relever l'intérêt et la qualité de la recherche dans ce domaine.  相似文献   

18.
Considéré comme un “Père de l'Europe” par les historiens actuels, Józef Retinger reste un personnage mystérieux et insolite, souvent décrit dans la littérature existante comme un homme de l'ombre, une éminence grise ayant ses entrées partout. Le présent article désire, au delà des accusations que certains portent sur son action, lever en partie le voile à propos des motivations de l'action européenne de Retinger, marquée par une forte continuité depuis la fin de la première guerre mondiale. Le moment le plus fécond de son activité politique en faveur de l'idée européenne se situe pendant la seconde guerre mondiale, lorsqu'il était le plus proche conseiller du général Sikorski, premier ministre du gouvernement polonais en exil. Déplorant la scission de l'Europe en deux causée par l'antagonisme entre les grandes puissances, il fonde avec le Belge Van Zeeland, en 1946, la Ligue Européenne de Coopération Economique.  相似文献   

19.
This paper is about the role of trust, testimony and direct observation in the making of maps and about the ways in which these issues were apparent in the mapping of the Niger River. By the late eighteenth century, the Niger River was a two‐thousand‐year‐old geographical problem. Although classical writers, Arab geographers and French authorities had produced maps of the river, its direction of flow was not confirmed by direct observation until 1796 when the explorer Mungo Park did so. Yet Park solved only one part of the problem, and he died in 1805 while attempting to solve the remaining question: where did the river end? This question was not answered by direct observation until 1830. By then, however, the ‘Niger problem’ had been resolved, and the solution mapped, by two early nineteenth‐century geographers who had charted the river's course without travelling to Africa. Attention is also paid to the maps that first presented the Niger's termination on the basis of field observation. What all this evidence raises is the question of trust in others' testimony and the role of travel and direct observation in the production of maps as ‘truthful’ documents in the late Enlightenment.

Cet article concerne le rôle de la confiance, du témoignage et de l'observation directe dans l'établissement des cartes ainsi que la manière dont ces questions se manifestaient dans la cartographie du fleuve Niger. A la fin du XVIIIe siècle, le Niger était un problème géographique vieux de 2000 ans. Bien que les auteurs antiques, les géographes arabes et les autorités françaises aient produit des cartes de ce fleuve, la direction de son cours ne fut confirmée par l'observation directe qu'en 1796 grâce à l'explorateur Mungo Park. Encore Park ne résolut‐il qu'une partie du problème et mourut en 1805 alors qu'il tentait de résoudre la question restante: o[ugrave] le fleuve finissait‐il? On ne répondit à cette question par l'observation directe qu'en 1830. Dès lors, cependant, le ‘problème du Niger’ était résolu et sa solution cartographiée par deux géographes du début du XIXe siècle qui avaient dressé la carte du cours du fleuve sans voyager en Afrique. Nous prêtons également attention aux premières cartes qui ont montré le cours inférieur du Niger sur la base d'observation de terrain. Tout ceci met en évidence la question de la confiance dans le témoignage d'autrui et le rôle du voyage et de l'observation directe dans la production des cartes comme documents fidèles à la fin du siècle des Lumières.

Dieser Beitrag beschäftigt sich mit der Bedeutung von Vertrauen in vorliegende Informationen, die Rolle von Beweisen und von unmittelbarer Beobachtung bei der Kartenherstellung und damit, wie sich diese Aspekte in der Kartierung des Nigerflusses niederschlagen. Am Ende des 18. Jahrhunderts war die Frage nach der geographischen Lage des Nigerflusses schon zweitausend Jahre alt. Auch wenn klassische Autoren, arabische Geographen und französische Autoritäten Karten des Flusses hergestellt hatten, so konnte seine Fließrichtung doch erst 1796 durch die persönliche Beobachtung des Entdeckers Mungo Park bestimmt werden. Allerdings löste Park nur den ersten Teil des Problems und starb 1805 bei der Suche nach dem Mündungsgebiet des Flusses. Diese Frage konnte nicht vor 1830 durch unmittelbare Beobachtung geklärt werden. Dann allerdings war das Niger‐Problem gelöst und das Ergebnis in Karten niedergelegt. Dies gelang zwei Geographen des frühen 19. Jahrhunderts, die den Verlauf des Niger zeichneten ohne nach Afrika zu reisen. Zusätzlich werden in diesem Beitrag die Karten behandelt, die später die Nigermündung erstmals auf der Grundlage von Feldarbeit darstellten. Was alle diese Zeugnisse nahelegen, ist die Frage nach dem Vertrauen in anderer Leute Aussagen und die Bedeutung von Reisen sowie von unmittelbarer Beobachtung bei der Herstellung von wirklichkeitsnahen Karten in der späten Aufklärung.

El artículo trata sobre el papel de la veracidad, del testimonio y del reconocimiento sobre el terreno en la construcción de mapas y sobre las vías en las que estas cuestiones fueron evidentes en los mapas del río Níger. Al final del siglo XVIII, el río Níger constituía un problema geográfico que se remontaba a 2000 años. Aunque los escritores clásicos, geógrafos árabes y autoridades francesas habían hecho mapas del río, la dirección de su corriente no fue confirmada hasta el reconocimiento del explorador Mungo Park en 1796. Pero Park resolvió sólo una parte del problema y murió en 1805 cuando trataba de resolver el resto, es decir, donde terminaba el río. Esta cuestión no fue resuelta por reconocimientos sobre el terreno hasta 1830. Sin embargo, para entonces ‘el problema del Níger’ había sido solucionado sobre un mapa por dos geógrafos de principios del siglo XIX que cartografiaron el curso del río sin viajar a África. Se señalan también los primeros mapas que presentaron el diseño completo del Níger, basados en observaciones sobre el terreno. Todas estas evidencias plantean la cuestión de la veracidad del testimonio de los otros y del papel del viaje y del reconocimiento sobre el terreno, en la producción de los mapas en tanto que documentos ‘verdaderos’ a finales del siglo XVIII.  相似文献   

20.
Partant des termes très tranchés de la polémique qui s'est récemment élevée autour du cas Pierre Rivière, jeune parricide du XIXème siècle, révélé en 1973 par l'équipe de chercheurs réunis auprès de Michel Foucault au Collège de France, il s'agit de considérer une difficulté majeure posée à la discipline historique par l'oeuvre du penseur disparu : les conditions et les limites d'une activité interprétative. La méthode archéologique professée par Foucault prétendait surmonter les impasses évidentes de l'histoire des idées, traditionnellement entendue, sa naïve confiance en la continuité apparente des vocables, notamment ; elle ne parvient cependant à ses fins qu'au seul prix de l'oubli de ses propres conditions de possibilité, s'exposant ainsi au scepticisme qu'elle a elle‐même suscité. La question récurrente—et pourtant jamais abordée de front—du pouvoir atteste l'impossibilité ultime de la méthode foucaldienne de dépasser le point aveugle de sa propre légitimité. Loin qu'il faille tenir ses interpellations pour nulles et non avenues, “l'archéologie du savoir” ne peut, à ce compte, que fonctionner comme un puissant stimulant de l'opération historienne.  相似文献   

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